Il linguaggio segreto dei fiori
Vanessa Diffenbaugh
Garzanti (2011)
INTRO:
Il libro che
proponiamo è stato un vero e proprio caso editoriale, con milioni di copie
vendute in tutto il mondo. E in effetti è un libro che attrae, fin dalla
copertina che prevede 5 varianti con altrettante immagini di fiori diversi:
tulipano, margherita, gerbera, buganvillea e rosa. Vediamo cosa questa
bellissima copertina racchiude…
In pillole:
Victoria è una ragazza di diciotto anni
che ha trascorso l’infanzia da orfana tra famiglie in affido e case
d’accoglienza. Vive un’esistenza solitaria, isolata dal mondo che non capisce e
dal quale si è sentita rifiutata fin dalla nascita. Odia il contatto fisico e
la sua unica compagnia sono i suoi amati fiori. Il loro linguaggio è l’unico
che Victoria comprende e parla, sicura che questo la renda immune dai dolori
che provengono dall’esterno e di cui ha fatto esperienza per anni. Il
linguaggio segreto dei fiori cela però una storia di amore e calore familiare
che Grant, ricomparso nella vita della ragazza dopo una dolorosa vicenda del
passato, riuscirà a riportare a galla…
Temi:
Il linguaggio segreto dei fiori narra la
storia di una ragazza che ha vissuto la sua intera giovane esistenza sola,
senza l’amore dei genitori e il calore che solo una casa sa dare. Il suo cuore
pare indurito e insensibile alle sollecitazioni esterne, anche quando scopre
che al mondo esistono persone a cui lei piace e che sanno essere gentile con lei
e amarla. La storia della protagonista è dunque un percorso di accettazione, di
se stessi e di una realtà che non è sempre dura con noi, ma ci regala anche
amici e affetti. La scrittrice Vanessa Diffenbaugh è riuscita a raccontare la
storia di Victoria grazie alla sua esperienza di madre adottiva che l’ha resa
capace di illustrarci il punto di vista di chi non ha mai concepito l’amore e
la famiglia come qualcosa di scontato, ma come un traguardo difficile da
raggiungere.
Leggilo se:
·
Sei una donna
·
Ti piacciono i romanzi che privilegiano i
sentimenti
· Ami le storie con implicazioni sociali (in
questo caso la difficile integrazione degli orfani nella nostra realtà sociale)
ma che non siano troppo impegnativi
· Ami i fiori e credi nel loro potere benefico
o nella loro semplice capacità di rallegrare le nostre vite
Non leggerlo se:
·
se sei un uomo: ti annoieresti, è
inevitabile
·
sei in un periodo di letture allegre e
spensierate
Veniamo a noi:
Vanessa Diffenbaugh è madre adottiva
e la sua è stata per anni una famiglia tra quelle che accettano ragazzi in
affidamento. La storia di Victoria è dunque il risultato di un’esperienza
vissuta sulla propria pelle, nel ruolo di osservatrice davanti a storie di
ragazzi e bambini molto diverse tra loro ma tutte accomunate da una costante:
la mancanza di una famiglia e la percezione di questi ragazzi di non essere
degni d’amore perché rifiutati dai loro genitori e, per estensione dalla
società. La storia di Victoria è ovviamente un caso estremo: la ragazza si è
chiusa in un mondo in cui solo Elizabeth – un personaggio che si rivelerà molto
importante per la protagonista, una donna senza figli in cerca di quella
dimensione che sa essere sua, quella di madre e che trova in Victoria la
risposta – è riuscita a penetrare attraverso un linguaggio speciale e unico,
quello dei fiori. Tale linguaggio affascina Victoria perché lo sente vicino
alla sua condizione di outsider (il linguaggio dei fiori nasce nell’epoca
vittoriana ed è una retaggio appartenente a un mondo e a un modo di interagire
con gli altri che non esiste più) al punto da adottarlo e farlo suo. In realtà
quel linguaggio è come la coperta di Linus, è in grado di dare alla ragazza la
forza di andare avanti, ma è anche uno scudo con cui aumentare il proprio
isolamento dal mondo, già stabilito attraverso il suo rifiuto per ogni contatto
fisico, con la convinzione che quest’ultimo non porti altro che dolore. Solo
l’incontro con Grant e tutto quello che deriverà daranno inizio a un percorso
difficile che vedrà Victoria accettarsi, sciogliere quella scorza dura che ha
attorno al cuore e accettare il mondo e di conseguenza l’amore e la vita. Una
storia che racchiude molte storie, non fittizie ma vere, reali, che accadono
ogni giorno intorno a noi:
storie di figli senza genitori e di
genitori senza figli, ma anche di famiglie nuove che nascono non per mezzo di
legami di sangue ma attraverso sentimenti sinceri e profondi. Che sono poi
tutto ciò che conta.
La Frase che mi piace:
Non mi fido, come la lavanda, Mi difendo, come il rododendro Sono sola,
come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, lascio…
Recensito da: Strawberry per The
Social Reading
...Ed ecco lo spunto psicologico di Luca Mazzucchelli, il nostro psicologo multimediale!
E’ sempre più diffusa anche negli ambienti psicologici la parola “orto-terapia”, che rimanda all’utilità che riscontra in alcune persone il dedicare del tempo ad hobby che possano permettere di riposare, riflettere e rilassarci.
Da questo punto di vista prendersi cura dei giardini, orti e fiori stimola il senso di responsabilità e anche favorisce alcune abilità proprie di una prima fase della socializzazione. Non solo: ansia e stress vengono spesso in questo modo limitate, con riscontri positivi sul tono dell'umore della persona.
Come anche capita nella più famosa e utilizzata “pet therapy” la persona instaura una dinamica per cui, prendendosi cura dell’altro, allo stesso tempo si prende cura di se stessa.
A mio avviso, con i fiori, ci si fa carico di una relazione in un ambiente per certi versi protetto: non possiamo essere giudicati e, ad essere esercitata, è primariamente la propria capacità di accudire l’altro.
Quale il rischio?
La decisione di “prendersi cura di una persona” è il primo livello per l’instaurarsi di una relazione più matura e completa, che però per definirsi tale necessita di un ulteriore ingrediente, spesso vissuto con molta sofferenza da chi fatica a fidarsi all'interno della relazione: accettare di farsi accudire da un’altra persona.
E’ questo un passaggio – per alcuni forse scontato – che rivedo spesso nella mia attività clinica come delicato e carente.
Accettare di farsi accudire è più rischioso dell’accudire perché vuol dire mettersi in gioco in maniera più completa, aprirsi a 360 gradi e mostrarsi nelle proprie fragilità e debolezze.
Ho letto questo libro lo scorso anno proprio di questi tempi, mi ha lasciato un bel ricordo. La fine devo dire che mi ha un pò delusa ma nel complesso un bel libro.
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